CHIESA DI " GESU' OPERAIO "
SAN GABRIELE DELL' ADDOLORATA
si festeggia il 13 settembre
Quando ci occupiamo di santità, spesso nella nostra mente si affollano immagini di Santi di un passato molto remoto, lontano da noi.
Figure di vecchi ieratici con barbe bianche e fluenti, crocifissi, lapidati, decapitati, torturati , sempre rivolti alla figura di Cristo, al contrario di quella di San Gabriele, sempre frizzante.
Nasce ad Assisi il 1° marzo 1838 da Sante Possenti e da Agnese Frisciotti , undicesimo di tredici figli. Il suo nome sarà Francesco (Checchino),in onore del poverello di Assisi.
La sua famiglia conduce una vita abbastanza agiata ma spesso in movimento da una località ad un’altra a causa degli impegni del padre. Non può certo dirsi fortunata, perchè colpita da ripetuti lutti .
A fine novembre 1841 muore la sorellina Rosa . Trascorrono altri due mesi e a fine gennaio1842 perde l’altra sorellina ,Adele di nove anni.
La mamma, Agnese si ammala di meningite e muore il 9 febbraio 1842 all’età di 41 anni.
La casa Possenti è avvolta da un vuoto difficilmente colmabile.
Francesco, a solo quattro anni, porterà i segni di queste terribili esperienze per tutta la vita .
Si trasferiscono a Spoleto.
Ogni mattina, prima di recarsi al lavoro, il padre prega in casa ,poi accompagnato da qualcuno dei figli , va ad ascoltare la Santa messa.
La sera termina sempre con il rosario davanti alla statuina della Madonna Addolorata, con tutti i suoi familiari.
La vita riprende e il tempo attenua i dolori, ma la ferita nel cuore di Francesco resterà sempre aperta.
Anche se Checchino si dimostra un ragazzino vivace e sensibile risentirà in modo permanente della mancanza della figura materna nella formazione della sua personalità .
A Spoleto Francesco trascorre l’età giovanile fino a 18 anni. Studioso, vivace ed intelligente, frequenta con profitto
il ginnasio e il liceo nel collegio dei gesuiti per gli studi umanistici.
Sempre pronto allo scherzo, organizzatore delle goliardate con i suoi amici, elegante e mondano ,si è fatta la fama di essere un bravo ballerino, ma la sua moralità non subisce mai le vanità del mondo che lo circonda ,anzi gli da la forza per non trascurare i suoi doveri cristiani.
Nel suo cuore la via del sacerdozio è sempre la meta da raggiungere, tuttavia resta un ragazzo inquieto e la spensieratezza giovanile riprende il sopravvento.
Oltre la vita mondana, ama la caccia , il suo sport preferito. Organizza battute con gli amici e proprio in occasione di una di queste per poco non si uccide con un colpo di fucile , partito accidentalmente , che gli sfiora miracolosamente la testa !
Muoiono in questo periodo i fratelli Paolo e Lorenzo. Degli altri fratelli, Enrico studia in seminario, Luigi è tra i domenicani, Michele frequenta l’università di medicina a Roma. Teresa si sposa. Com’ è vuota la casa !
Francesco rimane con la sorella Maria Luisa e con il padre che sente sempre di più il peso della solitudine e della vecchiaia .
Nell’estate del 1855 muore all’improvviso Maria Luisa, a soli 26 anni . Con il cuore rotto dal dolore, piange davanti alla statua della Madonna Addolorata, sua confidente e sua madre mistica.
Nella sua testa è sempre vivo il desiderio di consacrarsi a Dio e pensa di entrare dai gesuiti, ma per rispettare la volontà del padre, al quale aveva confidato questo suo desiderio, rimanda ancora di un anno.
Accade però che il 22 agosto 1856 , durante la processione della sacra Icona della Madonna, Francesco è colpito dall’espressione del volto di Maria e dai suoi occhi fiammeggianti ; nel cuore avverte chiarissima la Sua voce che lo sprona a seguire la sua vocazione e ad abbandonare il modo di vivere fino ad allora seguito .
Finalmente ha deciso.
Parte, il 6 Settembre, per il noviziato nella Congregazione dei Passionisti di Morrovalle in provincia di Macerata.
Il 21 settembre 1856 veste l'abito passionista e sceglie un nome nuovo: Gabriele dell'Addolorata; nome che gli richiama continuamente la figura della Madonna .
La scelta della vita religiosa è radicale fin dal primo momento, vi si butta anima e corpo, da innamorato della Vergine Addolorata.
Francesco, ormai Gabriele dell’Addolorata, scrive a suo padre per rassicurarlo sulla buona e desiderata scelta :
Caro padre,
Il giorno è giunto. Onnipotente Iddio da gran tempo mi aspettava ed io ingrato faceva il sordo divagandomi ed offendendolo nel mondo; ma l’infinita misericordia di Dio ha saputo ben disporre le cose, ed io oggi, giorno di Maria SS. Addolorata, nostra protettrice e madre, con inesplicabile contento ho indossato questo sacro abito religioso assumendo il nome di Confratel Gabriele dell’Addolorata.
Fino ad ora, papà mio, non ho avuto il minimo che disaggradevole tanto riguardo alla Religione che alla mia vocazione: oh, assicuratevi pure che colui, che Dio chiama allo stato religioso, riceve un gran favore che non si può esprimere! Quanto bisogna star guardingo nel mondo per vivere da buon cristiano!
Vi domando perdono, papà mio, di tutte le disubbidienze e disgusti troppo grandi che vi ho dati; perdonatemi se qualche volta ho dato via qualche cosa di casa o me la sono appropriata.
Lo stesso dico ai fratelli ed alla serva di casa, la quale mi perdonerà se talora l’ho maltrattata.
Prendano esempio da ciò i fratelli, e non vogliano credere che io faccia per ostentazione o per qualche altro fine, perché avanti a Dio si esamina tutto, e non sono queste cose da dormirci sopra.
Fratelli siate buoni, non fate inquietare il povero papà che non lo merita; amatevi scambievolmente.
Vostro affezionatissimo figlio,
Confratel Gabriele dell’Addolorata
Caro padre,
Le nostre ricreazioni consistono in passeggiate, e queste di quando in quando si vanno facendo, e così ci ricreiamo, ma non già con quella consolazione che provava nelle bugiarde ingannevoli e attossicate ricreazioni del mondo, ma bensì per divina misericordia di quella vera pace che porta indispensabilmente con sé la grazia di Dio.
Ah! che è purtroppo vero quello che diceva un'anima tutta di Dio: “Se i secolari conoscessero la pace la quiete i beni delle religioni, le religioni diverrebbero popolate come le città, e le città deserte”. Oh, quanto è dolce, mi vanno ripetendo i miei Confratelli, quanto è dolce servire Dio, e alla sua SS. Madre!
Quanto più di dolcezza si prova in quell'ora di orazione che a sportelli chiusi si fa innanzi a Gesù Sacramentato, e alla sua Santissima Madre che non serate intere in teatri e sale illuminate, tra gli spassi e le conversazioni di persone che giammai possono appagare il nostro cuore.
Quanto è più dolce fare quattro passi da solo a solo, dentro un religioso recinto, con il pensiero che la nostra Regina e la vera amante dei nostri cuori Maria ci sta guardando, che non le più liete passeggiate del mondo che lasciano sempre un gran vuoto nel cuore che giammai al mondano sarà dato riempire.
Qual piena di consolazione poi è per un religioso allora quando la sera, ricorda che per divina misericordia ha impiegato tutta la giornata al servizio di quel gran Signore che sì largamente sa ripagare chi lo serve, e che neppure lascia senza abbondante ricompensa una paglia che per amor suo si sia alzata di terra? Con che consolazione si pone a giacere nel suo letto per poi sorgere a cantare le lodi al Signore!
Quello che poi finalmente, come si legge nei libri, rende giocondo, dolce e soave il giogo del Signore, è la speranza, che da un giorno all'altro sciolto questo misero corpo, senza l'angoscioso pensiero o di roba o di figli o di altro che si lascia, si abbia a passare a godere Iddio per una interminabile eternità…
Vi raccomando la devozione a Maria, ed a Maria Addolorata; fate ad onor suo dell'elemosina, né valga il dire la carestia dei viveri, le circostanze o che so io; innanzi a Dio se uno ha da alimentare senza gran discapito il fratello e non lo soccorre, non valgono queste scuse, anzi tali circostanze sono di sprone a far bene ai bisognosi; se tutti traessero fuori tali scuse i poverelli morrebbero di fame…
Vostro affezionatissimo figlio,
Confratel Gabriele dell’Addolorata
A Morrovalle resta nove mesi durante i quali riprende a studiare e a lavorare . Studierà per il resto della sua vita !
Nel giugno1858 Gabriele si trasferisce a Pievetorina ,nell’Appennino marchigiano.Vi trascorre un anno per affinare gli studi di filosofia e iniziare quelli di teologia per la preparazione al sacerdozio.
Ama la natura e spesso si apparta per recarsi sulle rive di un torrente ed inginocchiarsi in estasi davanti all’immagine della Madonna.
Comincia a star male , ma per lui questo non è un problema. Ha sempre invocato la morte.
Il 10 luglio 1859 si trasferisce ad Isola del Gran Sasso , in provincia di Teramo in Abruzzo , dove la catena del Gran Sasso si staglia proprio dirimpetto.
Per sentirsi più vicino al Crocifisso e alla Vergine Addolorata cerca le mortificazioni nel cibo e negli svaghi, con la penitenza corporale, possibilmente anche con la morte da martire.
E’ amato per la sensibilità verso i poveri, la sua signorilità, la delicatezza del suo animo, per l’attenzione che presta ai confratelli tra i quali si ritiene il più umile.
Nel maggio 1861 , terminati gli studi, Gabriele viene chiamato presso la sede vescovile di Penne, in provincia di Pescara, per ricevere i ministeri ed entrare in maniera ufficiale nella gerarchia ecclesiastica. Questo viaggio minerà in maniera definitiva il suo stato di salute.
Sta per essere ordinato sacerdote e quindi poter celebrare la messa, ma a causa di problemi politici tra lo Stato Pontificio e il Regno d’Italia, l’investitura viene rimandata. Gabriele, per sua natura, non se ne dispiace.
Alla fine dell’anno la sua salute è ormai minata. E’ pallido e dimagrito , il suo corpo è assalito da febbri violente . Ha difficoltà respiratorie e la tosse gli squassa il petto. E’ la tisi, l’inesorabile male che tanti decessi ha causato in quel periodo del 1800.
Gabriele è cosciente che presto la morte lo prenderà , proprio come ha sempre desiderato .
La mattina del 27 febbraio 1862, al sorgere del sole, circondato dai confratelli ,stringendo forte l’immagine dell’Addolorata con il Crocifisso, implora: " Maria, mamma mia, fa presto".
Si addormenta. Svegliatosi poi di soprassalto , si rianima, fissa un punto sulla parete, lì c’è la Madonna che viene ad incontrarlo e sorridendo inizia una nuova vita.
E’ sepolto nella fossa comune dei confratelli, all'interno della chiesa del Convento.
La sua fama comincia nel 1892 quando, a trent'anni dalla morte , si verificano i primi grandiosi miracoli tra la gente che accorreva a venerare le sue spoglie.
E’beatificato dal papa Pio X nel 1908 e proclamato santo da Benedetto XV nel 1920 , alla presenza di oltre quaranta cardinali, trecento vescovi e un' immensa folla di pellegrini convenuti da ogni parte del mondo.
Nel 1926 il papaPio XI lo dichiara compatrono della gioventù cattolica italiana . Nel 1959 Papa Giovanni XXIII lo proclama patrono principale d'Abruzzo.
Innumerevoli sono i miracoli a Lui attribuiti.
Nel 1860 ad Isola, un gruppo di Garibaldini sbandati , dopo lo scioglimento dei Mille, entrava nel piccolo paese abruzzese terrorizzando la popolazione razziando tutto ciò che poteva .
Gabriele, affrontò due dei banditi togliendo loro le rispettive pistole , con calma indicò ai furfanti , che nel frattempo si stavano facendo minacciosi, una lucertola ferma dall’altra parte della strada . La colpì con precisione .
Questa insospettata abilità nell’uso della pistola , la determinazione e la sicurezza e un suo preciso ordine, indussero i banditi a lasciare immediatamente il paese.
La popolazione, proclamandolo “Salvatore di Isola”. lo portò in trionfo fino al seminario
Per questo episodio è considerato protettore degli sportivi del tiro a segno. (Giuseppe Lanna)